giovedì 29 giugno 2017


NON ASSOGGETTIAMOCI AGLI ATTI IMPOSITIVI!

La società di Gestione Entrate e Tributi, comunemente conosciuta come SO.G.E.T. S.p.a., dal 1984 supporta Enti Pubblici e Privati curando la gestione delle loro entrate, con particolare riferimento al servizio di riscossione ordinaria e coattiva delle entrate.
Lo scorso ottobre, suddetta società, notificava all’Avv. Marzio Postiglione in copia a mezzo P.E.C. un avviso d’intimazione riguardante crediti per mancato pagamento della cosidetta TARSU (Tassa smaltimento rifiuti urbani) relativi agli anni 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012 seguito successivamente, da un atto di preavviso di fermo amministrativo.
Presuppondendo l’erroneità dell’iter procedimentale in questione (in quanto il preavviso di fermo fondandosi su un’ingiunzione di pagamento doveva essere preceduto e non seguito da un avviso di intimazione), va considerata l’infondatezza di tale pretesa tributaria giacchè il richiedente non risulta proprietario né locatario dell’immobile su cui tale pretesa si fonda.
Inoltre si fa presente che tale avviso di intimazione, risulta manchevole di quegli atti prodromici necessari per la validità della notifica stessa in quanto "[…]l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato […]" (Cass. Civ., sezione Tributaria, sentenza del 5.9.2012 n.14861 in Diritto e Giustizia online 2012).
Predetto ciò, l’avvocato Marzio Postiglione dichiarava infondata ed illegittima la pretesa avanzata dalla società ut supra per le seguenti motivazioni:
-         L’art.6, comma 1,  dello Statuto dei diritti del contribuente prevede l’obbligo dell’ente che ha adottato il provvedimento, di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, facendo salve le disposizioni in materia di notificazioni idonee alla formazione della cosidetta conoscenza "legale" , essenziale in quanto l’atto in questione deve essere notificato nelle forme e secondo le modalità di rito.
-         Tuttavia, gli avvisi d’intimazione sono atti di natura recettizia la cui notifica costituisce uno di quegli elementi essenziali per la loro validità giuridica e di conseguenza per la produzione dei loro relativi effetti impositivi.
-         la SO.GE.T. stessa dichiara di aver inviato un semplice file in formato PDF tramite P.E.C., ossia una presunta copia informatica dell’atto "[…] e tale copia senza un’attestazione di conformità apposta da soggetti all’uopo abilitati  a norma del c.c. non può assumere alcuna valenza giuridica perché non garantisce il fatto che il documento inoltrato sia identico in tutto il suo contenuto al documento originale." I documenti informatici esigono invece, dell’estensione P7M che presenti attestazione idonea di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale e ne determini dunque la valenza giuridica.
-         L’art. 24 della Costituzione sottolinea l’inviolabile diritto di difesa secondo cui "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento…" pertanto come già menzionato sopra, a causa della mancata conoscenza degli atti prodromici, il ricorrente è stato leso del diritto di difesa della pretesa in questione, vedendosi così recapitare un avviso d’intimazione al pagamento entro 5 giorni dell’ingente somma di €12.177,64 con annessa maggiorazione delle somme originarie che si sarebbero dovute versare.
-         La mancanza  dei riferimenti normativo-regolamentari attraverso i quali l’istante potesse essere in grado di verificare la correttezza dei criteri di calcolo, le percentuali degli interessi  pretesi, le metodologie di calcolo dei compensi di riscossione richiesti.

La società SO.GE.T. Spa non ha dato prova della notifica degli atti posti a fondamento dell’avviso  di intimazione e poiché l’omissione della notificazione di un atto presuposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e per i tutti i sopraccitati motivi, il provvedimento risulta del tutto illegittimo ed il ricorso è stato accolto con soccombenza delle spese di lite.

giovedì 1 giugno 2017

EQUITALIA, IL RIMEDIO C’E’!

EQUITALIA, IL RIMEDIO C’E’!
Eccoci di nuovo alle prese con le cartelle di pagamento, Equitalia e il ruolo che quest’ultima assume come agente di riscossione per l’Agenzia delle Entrate.
Nella contestazione de quo, l’Avvocato Marzio Postiglione, propone ricorso, avverso la società Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. che aveva notificato in ottobre 2016, una cartella di pagamento tramite P.E.C. (Posta Elettronica Certificata) per le seguenti somme iscritte a ruolo: la prima relativa ad un presunto mancato pagamento dell’imposta di registro relativo all’anno 2013 e la seconda, relativa all’anno 2012, riguardante un asserito mancato pagamento della TARSU (Tassa Rifiuti Solidi Urbani).
Va anzitutto menzionato, che le cartelle di pagamento sono un atto di riscossione per imposte già accertate con un precedente atto (atto prodromico) e deve necessariamente riportare tutti gli elementi costitutivi del ruolo: l’ufficio presso il quale è possibile ricevere le informazioni in merito all’atto notificato; il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo così come quello di emissione e notificazione della cartella; l’organo presso il quale è possibile chiedere un riesame dell’atto anche in sede di autotutela; le modalità e il termine cui è possibile ricorrere, ad omissione di ciò pena la nullità della stessa.
Detto ciò, relativamente alla cartella esattoriale di cui al ricorso, si menziona che:
-          le cartelle di pagamento pur avendo una natura recettizia e che quindi come tali , vengono portate a conoscenza del destinatario, non sono degli atti processuali in senso stretto pertanto la notifica rappresenta uno di quegli elementi essenziali per la produzione dei relativi effetti impositivi e l’invalidità della notifica stessa, rappresenta un vizio dell’atto impugnato.
-         l’inoltro della succitata cartella a mezzo Posta Elettronica Certificata non può considerarsi idoneo nella spiegazione dei suoi effetti impositivi, priva inoltre di qualsiasi attestazione di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale che ne permetta un’eventuale identeficazione col documento originale.
A tal proposito le Commissioni Tributarie hanno ribadito  più volte che “ Con il sistema PEC  in realtà non viene inoltrato il documento informatico, ma la copia (informatica) del documento cartaceo ove il documento cartaceo informatico rappresenta l’originale del documento giuridicamente valido…”, inoltre la verifica della firma digitale apposta sul file in contestazione, dà conferma della natura puramente di copia informatica (PDF semplice) e non di documento informatico (P7M).
-         la mancata notifica degli atti prodromici costituisce un vizio procedurale che, come già citato in precedenza, comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Difatti non vengono specificati né la data dell’avvenuta notifica né la specificazione del numero dell’atto giudiziario o di qualsivoglia elemento idoneo  a fare chiarezza riguardo la fondatezza dell’importo in questione. D’altronde, la Suprema Corte ha statuito che “ Poiché la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato…” ( Cass. Civ., sezione Tributaria, sentenza del 5.9.2012 n. 14861 in Diritto e Giustizia online 2012);
-         non è stata garantita alcuna tutela al ricorrente che non avendo potuto difendersi per la mancanza degli atti prodromici sopra menzionati, si è visto recapitare una cartella di pagamento con allegata una richiesta di pagamento maggiorata dalle somme originarie che secondo quanto asserito, si sarebbero dovuto versare. Si aggiunge inoltre,  relativamente ai conteggi, l’omissione delle percentuali ed i criteri legislativi per il calcolo degli interessi pretesi, l’indicazione del passaggio del ruolo alla Società Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. nonché le metodologie di calcolo dei compensi di riscossione. Ciò evidenzia l’illegittimità della minacciata azione esecutiva essendo stati così violati l’art. 24 della Costituzione riguardante l’inviolabile diritto di difesa nonché l’art.7 della Legge 212/2000 concernente la chiarezza e la motivazione degli atti.
Il modus operandi  dell’Agente della Riscossione, dunque, risulta compromettente per il contribuente, leso da un diritto inviolabile, quale quello di difesa.

Come noto, “il sistema di trasmissione della posta certificata, come specificato nella sentenza,  “prevede una ricevuta (telematica) di avvenuta consegna della comunicazione. La ricevuta di consegna del certificatore della PEC, inviata all’indirizzo del destinatario, ha lo stesso valore legale della ricevuta di ritorno della raccomandata a.r., indipendentemente dall’effettiva conoscenza della sua esistenza da parte del destinatario.”
Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha ritenuto che la notifica della cartella PEC risulta viziata di nullità in quanto non viene notificato l’originale ma solo una copia della cartella esattoriale ( si noti bene che quest’ultima, nota anche come “scansione”, è stata esplicitamente abrogata dalla legge istitutiva della notifica via PEC delle cartelle).

In definitiva, la cartella di pagamento deve essere prodotta da un documento informativo allegato alla PEC sottoscritto digitalmente e cioè avere un’estensione del file in .p7m. Il solo allegato in formato .pdf  alla posta certificata, non è valido e di conseguenza rende illegittima l’intera cartella di pagamento allegata alla PEC  appunto con tale formato.

Pertanto il ricorso è stato accolto ed annullato il provvedimento impugnato.