sabato 16 settembre 2017

ACQUA: BENE PUBBLICO,UNIVERSALE…ED INNEGABILE?


Nello scorso Giugno del 2011, siamo stati partecipi di un’importante mobilitazione che aveva come oggetto, nel noto referendum abrogativo, l’abolizione di 4 norme, riguardanti alcuni di quei servizi pubblici di rilevanza economica, una tra queste, il bene comune dell’acqua per il quale si decideva, in sunto, riguardo la sua totale o parziale privatizzazione (abrogazione dell'art. 23 bis della Legge n. 133/2008).
Da un lato, i sostenitori del SI ritenevano un grave pericolo, l’ingresso di aziende e multinazionali che incitavano la cosiddetta “privatizzazione” dei servizi idrici sostenendo che i costi di quest’ultimi, gestiti da enti pubblici, dovevano essere accessibili all’intera popolazione, dall’altra i sostenitori del NOi quali reputavano che le società di gestione di tale servizio, mantenendo in vita il decreto Ronchi, ne sarebbero uscite più indipendenti dalla politica e dalle amministrazioni locali garantendo una sorta di liberalizzazione anziché privatizzazione.
A distanza di circa 6 anni, siamo consapevoli che i 26 milioni di “SI” non sono bastati a porre fine agli investimenti privati nella gestione delle risorse idriche, e da Nord a Sud dello Stivale, abbiamo assistito adifferenti scenari.
In Campania, nella zona del Sarnese-Vesuviano,l’erogazione del sopraccitato servizio pubblicoin ben 76 comuni, è gestita dalla Gori S.p.a. la quale avrebbe dovuto migliorare la qualità dei servizi idrici e alleggerire gli enti locali e lo Stato, dalle incombenze finanziarie della gestione diretta.
Il caso in questione, vede l’ Avv. Marzio Postiglione il quale chiede all’anzidetta società, l’allaccio della fornitura idrica presso l’abitazione di residenza del reclamante R.G., lamentando tuttavia l’inesattezza della precedente ordinanza con la quale il Primo Giudice, considerava legittimo il rifiuto da parte della Gori S.p.a. di tale allaccio, avendo considerato una previa morosità tra le due parti, relativa ad un’ulteriore utenza domestica.
In primis, si ritiene indiscussa la richiestada parte del ricorrente, dell’allaccio di una nuova utenza  presso una nuova abitazione, nonché zona di residenza del suo assistito, come risulta dal certificato rilasciato dal Comune di appartenenza.
L’applicabilità dell’art. 1460 c.c., secondo la quale ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se a sua volta l’altra parte non adempie la propria, non è attuabile  poiché trattandosi di nuova e diversa utenza, non è possibile farvi rientrare alcuna morosità in merito. Inoltre, va menzionato che il credito vantato dalla Gori risulta prescritto e che la mediocre entità relativa al credito restante, risulterebbe inadeguata e sproporzionata al diniego di allaccio, utilizzato come reazione di autotutela oltre ad essere, per l’appunto, un credito illegittimo.
Il Collegio ritiene, infatti, che il rifiuto ingiustificato e sproporzionato di nuovo allaccio presso una diversa abitazione, costituisce una pericolosa privazione di un bene essenziale e di prima necessità, quale la fruizione dell’acqua pubblica come uso domestico.

Per i sopraccitati motivi, la società GORI, avrà l’onere di procedere all’allaccio della nuova fornitura idrica presso l’abitazione del reclamante,è condannata al pagamento delle spese di procedura e revoca l’ordinanza reclamata.