Nello scorso
Giugno del 2011, siamo stati partecipi di un’importante mobilitazione che aveva
come oggetto, nel noto referendum abrogativo, l’abolizione di 4 norme,
riguardanti alcuni di quei servizi pubblici di rilevanza economica, una tra
queste, il bene comune dell’acqua per
il quale si decideva, in sunto, riguardo la sua totale o parziale privatizzazione
(abrogazione dell'art. 23 bis della Legge n. 133/2008).
Da un lato,
i sostenitori del SI ritenevano un grave pericolo, l’ingresso di aziende e
multinazionali che incitavano la cosiddetta “privatizzazione” dei servizi
idrici sostenendo che i costi di quest’ultimi, gestiti da enti pubblici,
dovevano essere accessibili all’intera popolazione,
dall’altra i sostenitori del NOi quali reputavano che le società di gestione di
tale servizio, mantenendo in vita il decreto Ronchi, ne sarebbero uscite più
indipendenti dalla politica e dalle amministrazioni locali garantendo una sorta
di liberalizzazione anziché privatizzazione.
A distanza
di circa 6 anni, siamo consapevoli che i 26 milioni di “SI” non sono bastati a porre
fine agli investimenti privati nella gestione delle risorse idriche, e da Nord
a Sud dello Stivale, abbiamo assistito adifferenti scenari.
In Campania,
nella zona del Sarnese-Vesuviano,l’erogazione del sopraccitato servizio
pubblicoin ben 76 comuni, è gestita dalla Gori S.p.a. la quale avrebbe dovuto
migliorare la qualità dei servizi idrici e alleggerire gli enti locali e lo
Stato, dalle incombenze finanziarie della gestione diretta.
Il caso in
questione, vede l’ Avv. Marzio Postiglione il quale chiede all’anzidetta
società, l’allaccio della fornitura idrica presso l’abitazione di residenza del
reclamante R.G., lamentando tuttavia l’inesattezza della precedente ordinanza
con la quale il Primo Giudice, considerava legittimo il rifiuto da parte della
Gori S.p.a. di tale allaccio, avendo considerato una previa morosità tra le due
parti, relativa ad un’ulteriore utenza domestica.
In primis,
si ritiene indiscussa la richiestada
parte del ricorrente, dell’allaccio di una nuova utenza presso una nuova abitazione, nonché zona di
residenza del suo assistito, come risulta dal certificato rilasciato dal Comune
di appartenenza.
L’applicabilità
dell’art. 1460 c.c., secondo la quale ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di
adempiere la sua obbligazione, se a sua volta l’altra parte non adempie la
propria, non è attuabile poiché
trattandosi di nuova e diversa utenza, non è possibile farvi rientrare alcuna
morosità in merito. Inoltre, va menzionato che il credito vantato dalla Gori
risulta prescritto e che la mediocre entità relativa al credito restante,
risulterebbe inadeguata e sproporzionata al diniego di allaccio, utilizzato
come reazione di autotutela oltre ad essere, per l’appunto, un credito
illegittimo.
Il Collegio ritiene,
infatti, che il rifiuto ingiustificato e sproporzionato di nuovo allaccio
presso una diversa abitazione, costituisce una pericolosa privazione di un bene
essenziale e di prima necessità, quale la fruizione dell’acqua pubblica come
uso domestico.
Per i
sopraccitati motivi, la società GORI, avrà l’onere di procedere all’allaccio
della nuova fornitura idrica presso l’abitazione del reclamante,è condannata al
pagamento delle spese di procedura e revoca l’ordinanza reclamata.