sabato 16 settembre 2017

ACQUA: BENE PUBBLICO,UNIVERSALE…ED INNEGABILE?


Nello scorso Giugno del 2011, siamo stati partecipi di un’importante mobilitazione che aveva come oggetto, nel noto referendum abrogativo, l’abolizione di 4 norme, riguardanti alcuni di quei servizi pubblici di rilevanza economica, una tra queste, il bene comune dell’acqua per il quale si decideva, in sunto, riguardo la sua totale o parziale privatizzazione (abrogazione dell'art. 23 bis della Legge n. 133/2008).
Da un lato, i sostenitori del SI ritenevano un grave pericolo, l’ingresso di aziende e multinazionali che incitavano la cosiddetta “privatizzazione” dei servizi idrici sostenendo che i costi di quest’ultimi, gestiti da enti pubblici, dovevano essere accessibili all’intera popolazione, dall’altra i sostenitori del NOi quali reputavano che le società di gestione di tale servizio, mantenendo in vita il decreto Ronchi, ne sarebbero uscite più indipendenti dalla politica e dalle amministrazioni locali garantendo una sorta di liberalizzazione anziché privatizzazione.
A distanza di circa 6 anni, siamo consapevoli che i 26 milioni di “SI” non sono bastati a porre fine agli investimenti privati nella gestione delle risorse idriche, e da Nord a Sud dello Stivale, abbiamo assistito adifferenti scenari.
In Campania, nella zona del Sarnese-Vesuviano,l’erogazione del sopraccitato servizio pubblicoin ben 76 comuni, è gestita dalla Gori S.p.a. la quale avrebbe dovuto migliorare la qualità dei servizi idrici e alleggerire gli enti locali e lo Stato, dalle incombenze finanziarie della gestione diretta.
Il caso in questione, vede l’ Avv. Marzio Postiglione il quale chiede all’anzidetta società, l’allaccio della fornitura idrica presso l’abitazione di residenza del reclamante R.G., lamentando tuttavia l’inesattezza della precedente ordinanza con la quale il Primo Giudice, considerava legittimo il rifiuto da parte della Gori S.p.a. di tale allaccio, avendo considerato una previa morosità tra le due parti, relativa ad un’ulteriore utenza domestica.
In primis, si ritiene indiscussa la richiestada parte del ricorrente, dell’allaccio di una nuova utenza  presso una nuova abitazione, nonché zona di residenza del suo assistito, come risulta dal certificato rilasciato dal Comune di appartenenza.
L’applicabilità dell’art. 1460 c.c., secondo la quale ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se a sua volta l’altra parte non adempie la propria, non è attuabile  poiché trattandosi di nuova e diversa utenza, non è possibile farvi rientrare alcuna morosità in merito. Inoltre, va menzionato che il credito vantato dalla Gori risulta prescritto e che la mediocre entità relativa al credito restante, risulterebbe inadeguata e sproporzionata al diniego di allaccio, utilizzato come reazione di autotutela oltre ad essere, per l’appunto, un credito illegittimo.
Il Collegio ritiene, infatti, che il rifiuto ingiustificato e sproporzionato di nuovo allaccio presso una diversa abitazione, costituisce una pericolosa privazione di un bene essenziale e di prima necessità, quale la fruizione dell’acqua pubblica come uso domestico.

Per i sopraccitati motivi, la società GORI, avrà l’onere di procedere all’allaccio della nuova fornitura idrica presso l’abitazione del reclamante,è condannata al pagamento delle spese di procedura e revoca l’ordinanza reclamata.

lunedì 10 luglio 2017


EQUITALIA, NON TI TEMO!

In questi ultimi giorni, stiamo assistendo alla rottamazione delle cartelle esattoriali ed alla "soppressione" della società Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. la quale sembra in realtà, essersi soltanto mascherata, ancora una volta, dietro il volto novello dell’ Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Nella trepidante attesa di redivive manovre da parte dell’ ente pubblico di fresca data, ritorniamo alle mosse difensive adoperate dall’Avv. Marzio Postiglione quando Equitalia negava in primis, uno di quei diritti inviolabili come quello di difesa.
La signora R.M. difatti, lo scorso aprile, riceveva un avviso di intimazione da parte della sopraccitata società riguardante crediti sia di natura tributaria sia di origine contributiva/previdenziale oltre a quelli relativi a presunte sanzioni amministrative che ammontano il presupposto debito pari alla somma di €62.389,25.
Va innanzitutto ribadito e specificato che:
-         l’avviso di intimazione è un atto preventivo che necessita di quegli atti prodromici, sottesi all’intimazione di pagamento stessa, necessari per rendere valida tale notifica. Ciò è stato ribadito più volte dalla Suprema Corte la quale ha statuito che "Poiché la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato […]".
Pertanto la procedura è già di per sé viziata e di conseguenza, illegittima. Infatti:
-         Una minacciata azione esecutiva da parte dell’agente di riscossione è legittima "…soltanto se è stata preventivamente notificata la relativa cartella di pagamento. Nel caso di omesso invio della cartella, si negherebbe definitivamente al presunto debitore la possibilità di avvalersi di uno strumento di impugnazione. Tale paradossale conclusione sarebbe ictu oculi discriminatoria, contraria al principio di economia processuale ed, in definitiva, lesiva del diritto di difesa, ex art. 24 della Costituzione" (Suprema Corte, sentenza n. 18380 del 26.10.2014)
Dunque, ulteriore vizio del succitato avviso è determinato dalla mancata notifica di tutte le cartelle di pagamento, presupposto basilare per poter agire esecutivamente nei confronti dell’istante senza ledere il suo diritto di difesa.
-         Ai sensi dell’art.20 del D.lgs. n. 472/1997, l’attività esecutiva da parte dell’Agente della riscossione, deve iniziare entro e non oltre i 5 anni dalla notifica della cartella esattoriale, pertanto pur nella ricusata ipotesi di corretta notifica delle cartelle esattoriali richiamate, l’ultimo atto interruttivo del termine di prescrizione ricevuto, è stato consegnato alla ricorrente oltre il termine di 5 anni  previsto dalla Legge.
In conclusione, la società Equitalia S.p.a.:
  - non ha fornito la prova dell’avvenuta notifica degli atti prodromici alle cartelle esattoriali;
  - ha depositato in ritardo la relativa documentazione con consequenziale decadenza e               prescrizione dei crediti;
Per i seguenti e i sopraccitati motivi, Il Giudice ha accolto il ricorso dell’avv. Marzio Postiglione invitando la resistente società al pagamento delle spese di lite e compensi oltre onere accessori, oltre che annullando del tutto la cartella di pagamento impugnata.


giovedì 29 giugno 2017


NON ASSOGGETTIAMOCI AGLI ATTI IMPOSITIVI!

La società di Gestione Entrate e Tributi, comunemente conosciuta come SO.G.E.T. S.p.a., dal 1984 supporta Enti Pubblici e Privati curando la gestione delle loro entrate, con particolare riferimento al servizio di riscossione ordinaria e coattiva delle entrate.
Lo scorso ottobre, suddetta società, notificava all’Avv. Marzio Postiglione in copia a mezzo P.E.C. un avviso d’intimazione riguardante crediti per mancato pagamento della cosidetta TARSU (Tassa smaltimento rifiuti urbani) relativi agli anni 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012 seguito successivamente, da un atto di preavviso di fermo amministrativo.
Presuppondendo l’erroneità dell’iter procedimentale in questione (in quanto il preavviso di fermo fondandosi su un’ingiunzione di pagamento doveva essere preceduto e non seguito da un avviso di intimazione), va considerata l’infondatezza di tale pretesa tributaria giacchè il richiedente non risulta proprietario né locatario dell’immobile su cui tale pretesa si fonda.
Inoltre si fa presente che tale avviso di intimazione, risulta manchevole di quegli atti prodromici necessari per la validità della notifica stessa in quanto "[…]l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato […]" (Cass. Civ., sezione Tributaria, sentenza del 5.9.2012 n.14861 in Diritto e Giustizia online 2012).
Predetto ciò, l’avvocato Marzio Postiglione dichiarava infondata ed illegittima la pretesa avanzata dalla società ut supra per le seguenti motivazioni:
-         L’art.6, comma 1,  dello Statuto dei diritti del contribuente prevede l’obbligo dell’ente che ha adottato il provvedimento, di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, facendo salve le disposizioni in materia di notificazioni idonee alla formazione della cosidetta conoscenza "legale" , essenziale in quanto l’atto in questione deve essere notificato nelle forme e secondo le modalità di rito.
-         Tuttavia, gli avvisi d’intimazione sono atti di natura recettizia la cui notifica costituisce uno di quegli elementi essenziali per la loro validità giuridica e di conseguenza per la produzione dei loro relativi effetti impositivi.
-         la SO.GE.T. stessa dichiara di aver inviato un semplice file in formato PDF tramite P.E.C., ossia una presunta copia informatica dell’atto "[…] e tale copia senza un’attestazione di conformità apposta da soggetti all’uopo abilitati  a norma del c.c. non può assumere alcuna valenza giuridica perché non garantisce il fatto che il documento inoltrato sia identico in tutto il suo contenuto al documento originale." I documenti informatici esigono invece, dell’estensione P7M che presenti attestazione idonea di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale e ne determini dunque la valenza giuridica.
-         L’art. 24 della Costituzione sottolinea l’inviolabile diritto di difesa secondo cui "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento…" pertanto come già menzionato sopra, a causa della mancata conoscenza degli atti prodromici, il ricorrente è stato leso del diritto di difesa della pretesa in questione, vedendosi così recapitare un avviso d’intimazione al pagamento entro 5 giorni dell’ingente somma di €12.177,64 con annessa maggiorazione delle somme originarie che si sarebbero dovute versare.
-         La mancanza  dei riferimenti normativo-regolamentari attraverso i quali l’istante potesse essere in grado di verificare la correttezza dei criteri di calcolo, le percentuali degli interessi  pretesi, le metodologie di calcolo dei compensi di riscossione richiesti.

La società SO.GE.T. Spa non ha dato prova della notifica degli atti posti a fondamento dell’avviso  di intimazione e poiché l’omissione della notificazione di un atto presuposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e per i tutti i sopraccitati motivi, il provvedimento risulta del tutto illegittimo ed il ricorso è stato accolto con soccombenza delle spese di lite.

giovedì 1 giugno 2017

EQUITALIA, IL RIMEDIO C’E’!

EQUITALIA, IL RIMEDIO C’E’!
Eccoci di nuovo alle prese con le cartelle di pagamento, Equitalia e il ruolo che quest’ultima assume come agente di riscossione per l’Agenzia delle Entrate.
Nella contestazione de quo, l’Avvocato Marzio Postiglione, propone ricorso, avverso la società Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. che aveva notificato in ottobre 2016, una cartella di pagamento tramite P.E.C. (Posta Elettronica Certificata) per le seguenti somme iscritte a ruolo: la prima relativa ad un presunto mancato pagamento dell’imposta di registro relativo all’anno 2013 e la seconda, relativa all’anno 2012, riguardante un asserito mancato pagamento della TARSU (Tassa Rifiuti Solidi Urbani).
Va anzitutto menzionato, che le cartelle di pagamento sono un atto di riscossione per imposte già accertate con un precedente atto (atto prodromico) e deve necessariamente riportare tutti gli elementi costitutivi del ruolo: l’ufficio presso il quale è possibile ricevere le informazioni in merito all’atto notificato; il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo così come quello di emissione e notificazione della cartella; l’organo presso il quale è possibile chiedere un riesame dell’atto anche in sede di autotutela; le modalità e il termine cui è possibile ricorrere, ad omissione di ciò pena la nullità della stessa.
Detto ciò, relativamente alla cartella esattoriale di cui al ricorso, si menziona che:
-          le cartelle di pagamento pur avendo una natura recettizia e che quindi come tali , vengono portate a conoscenza del destinatario, non sono degli atti processuali in senso stretto pertanto la notifica rappresenta uno di quegli elementi essenziali per la produzione dei relativi effetti impositivi e l’invalidità della notifica stessa, rappresenta un vizio dell’atto impugnato.
-         l’inoltro della succitata cartella a mezzo Posta Elettronica Certificata non può considerarsi idoneo nella spiegazione dei suoi effetti impositivi, priva inoltre di qualsiasi attestazione di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale che ne permetta un’eventuale identeficazione col documento originale.
A tal proposito le Commissioni Tributarie hanno ribadito  più volte che “ Con il sistema PEC  in realtà non viene inoltrato il documento informatico, ma la copia (informatica) del documento cartaceo ove il documento cartaceo informatico rappresenta l’originale del documento giuridicamente valido…”, inoltre la verifica della firma digitale apposta sul file in contestazione, dà conferma della natura puramente di copia informatica (PDF semplice) e non di documento informatico (P7M).
-         la mancata notifica degli atti prodromici costituisce un vizio procedurale che, come già citato in precedenza, comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Difatti non vengono specificati né la data dell’avvenuta notifica né la specificazione del numero dell’atto giudiziario o di qualsivoglia elemento idoneo  a fare chiarezza riguardo la fondatezza dell’importo in questione. D’altronde, la Suprema Corte ha statuito che “ Poiché la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato…” ( Cass. Civ., sezione Tributaria, sentenza del 5.9.2012 n. 14861 in Diritto e Giustizia online 2012);
-         non è stata garantita alcuna tutela al ricorrente che non avendo potuto difendersi per la mancanza degli atti prodromici sopra menzionati, si è visto recapitare una cartella di pagamento con allegata una richiesta di pagamento maggiorata dalle somme originarie che secondo quanto asserito, si sarebbero dovuto versare. Si aggiunge inoltre,  relativamente ai conteggi, l’omissione delle percentuali ed i criteri legislativi per il calcolo degli interessi pretesi, l’indicazione del passaggio del ruolo alla Società Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. nonché le metodologie di calcolo dei compensi di riscossione. Ciò evidenzia l’illegittimità della minacciata azione esecutiva essendo stati così violati l’art. 24 della Costituzione riguardante l’inviolabile diritto di difesa nonché l’art.7 della Legge 212/2000 concernente la chiarezza e la motivazione degli atti.
Il modus operandi  dell’Agente della Riscossione, dunque, risulta compromettente per il contribuente, leso da un diritto inviolabile, quale quello di difesa.

Come noto, “il sistema di trasmissione della posta certificata, come specificato nella sentenza,  “prevede una ricevuta (telematica) di avvenuta consegna della comunicazione. La ricevuta di consegna del certificatore della PEC, inviata all’indirizzo del destinatario, ha lo stesso valore legale della ricevuta di ritorno della raccomandata a.r., indipendentemente dall’effettiva conoscenza della sua esistenza da parte del destinatario.”
Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha ritenuto che la notifica della cartella PEC risulta viziata di nullità in quanto non viene notificato l’originale ma solo una copia della cartella esattoriale ( si noti bene che quest’ultima, nota anche come “scansione”, è stata esplicitamente abrogata dalla legge istitutiva della notifica via PEC delle cartelle).

In definitiva, la cartella di pagamento deve essere prodotta da un documento informativo allegato alla PEC sottoscritto digitalmente e cioè avere un’estensione del file in .p7m. Il solo allegato in formato .pdf  alla posta certificata, non è valido e di conseguenza rende illegittima l’intera cartella di pagamento allegata alla PEC  appunto con tale formato.

Pertanto il ricorso è stato accolto ed annullato il provvedimento impugnato.


martedì 2 maggio 2017

EQUITALIA? LA SOLUZIONE C’E’!

Prima delle modifiche introdotte a partire dal 2005, le attività di riscossione per conto dello Stato, erano delegate a circa una quarantina di aziende di proprietà di istituti bancari e recupero crediti. Dall’ottobre 2006, suddetta riscossione nazionale, ad accezione della Sicilia, viene esercitata da Equitalia (in precedenza Riscossione Spa), società pubblica le cui azioni sono di proprietà di enti statali (l’Agenzia delle Entrate per il 51% e l’INPS per il 49%). Concretamente, esercita la sua azione inviando cartelle di pagamento ai contribuenti che non hanno versato gli importi dovuti entro i limiti delle scadenze stabilite, aggiungendo interessi e sanzioni.
Con la notifica della cartella, al contribuente è concessa la facoltà di proporre ricorso entro 60 giorni; spirato detto termine, la cartella esattoriale diventa titolo esecutivo prestandosi alla c.d. riscossione forzata, nelle varie forme stabilite dalla legge, ovvero con l’ipoteca dei beni immobili, il fermo amministrativo (blocco dell’autovettura) e in alcuni casi, anche tramite il pignoramento di immobili e stipendi.
Il caso recentemente affrontato dall’avvocato Marzio Postiglione contro Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a., riguardava un preavviso di fermo amministrativo relativo ad un veicolo non specificato e per la riscossione di un asserito credito pari ad € 188.763,29, portato dalla società resistente Equitalia.
Invero, il sig. Casciello Armando aveva presentato ricorso a ministero dell’avv. Marzio Postiglione,  per vedere accertata la prescrizione dei crediti vantanti e indicati nell’avviso di avvenuta notifica del preavviso di fermo e veder dichiarata l’illegittimità o l’inefficacia della procedura di apposizione di fermo amministrativo per mancata notifica delle cartelle esattoriali presupposte e prodromiche, nonchè per carenza di potere dell’agente per la riscossione, con annullamento dell’atto di preavviso di fermo.
Il ricorrente, infatti, aveva proposto opposizione alla cartella esattoriale con cui era stato comunicato il fermo amministrativo n.2011/4520, asseritamente notificato il 17.05.2011 con consegna effettuata nelle mani di un soggetto diverso dal ricorrente;
la resistente oltre a non aver dimostrato nell’ambito del giudizio di opposizione la avvenuta notifica del preavviso di fermo, ha omesso anche di dare la prova dell’avvenuta notifica di tre delle cartelle impugnate, riconducibili a crediti previdenziali soggiacenti alla prescrizione quinquennale; tali crediti risultavano quindi prescritti, in assenza della prova dell’avvenuta notifica.
Sul punto, vale la pena di richiamare la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n.46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario, ai sensi dell’art. 2953 c.c., che si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass. civ. Sez. Unite, 17-11-2016, n. 23397).

Dette motivazioni hanno indotto il Tribunale adito, in persona del Giudice Istruttore ad accogliere la domanda proposta dall’ avv. Marzio Postiglione dichiarando la nullità della notifica degli atti prodromici e la consequenziale invalidazione dell’atto opposto con conseguente statuizione della prescrizione del credito per € 188.763,29 così come portato dalle cartelle esattoriali impugnate, con inevitabile condanna alle spese ed agli onorari del giudizio.

sabato 25 febbraio 2017

CONFISCA? NO GRAZIE!


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martedì 7 febbraio 2017

V come velocità V come VERGILIUS



Io cominciai: << Poeta che mi guidi guarda la mia virtù s’ella è possente, prima ch’a l’alto passo tu mi guidi..>>
Inferno, Canto II

Così Dante si rivolgeva alla sua guida durante il viaggio nell’aldilà, al noto magister che lo ricondusse sulla retta via, il sommo poeta Virgilio.
Un omonimo odierno invece, vigilante più che poeta, sorveglia ed è pronto ad agire contro tutti coloro che si sentono Hamilton magari alla guida di una McLaren: parliamo di Vergilius, parente stretto del noto Tutor, capace di controllare sia la velocità media che quella istantanea. Un occhio vigile, principalmente presente sulle statali, al quale sembra quasi impossibile sfuggirvi e contestarvi ipotetiche sanzioni.
In realtà, un primo caso di impugnazione con esito positivo è stato emesso dal Giudice di Pace di Pozzuoli la cui sentenza del 23 Febbraio 2013, evidenzia vizi riguardanti l’omologazione del sistema SICVe Vergilius con annessa violazione dell’art. 192 comma 5 del D.P.R. del regolamento di attuazione del Codice Civile della Strada il quale afferma che : “la omologazione o la approvazione di prototipi è valida solo a nome del richiedente e non è trasmissibile a soggetti diversi”.
Difatti, Autostrade per l’Italia S.p.a, è stata la prima a richiedere ed ottenere l’omologazione del sistema Sicve Tutor e successivamente del sistema Vergilius, peccato che successivamente però, tale azienda abbia girato le omologazioni ottenute ad Autostrade Tech S.p.a. che ha concesso a sua volta queste ultime alla Polizia Stradale.
Il verbale esaminato dallo Studio Postiglione, riguarda una presunta infrazione “…commessa il giorno 08.02.2016 […] ed è stata accertata attraverso il sistema di misura della velocità SICVe, omologato con decreto n° 3999 del 24.12.2004 che consente il funzionamento automatico.” Tale verbale prevedeva il pagamento di una sanzione e la decurtazione di 3 punti all’assistito.
Secondo l’avvocato Marzio Postiglione il succitato verbale risulta viziato:
-       - nell’omologazione in quanto come affermato già in precedenza, non può essere oggetto di cessione, pertanto il Decreto Dirigenziale n°97818 del 09-12-2010 con il quale è avvenuto il trasferimento (dalla società Autostrade per l’Italia spa ad Autostrade Tech Spa, la cui società è distinta dalla prima) delle suddette omologazioni/approvazioni, va ritenuto nullo.
-       - nella verifica della funzionalità e taratura dell’apparecchio elettronico in quanto la prima, dovrebbe essere periodica e la seconda, periodica e preventiva, che accerti che il risultato delle misurazioni corrisponde ai risultati dei valori nazionali e che quindi non va assolutamente confusa con l’omologazione la quale si limita esclusivamente ad accertarne il corretto funzionamento. Tra l’altro, nel verbale in questione, corrisponde ad un SICVe-Tutor e non al dispositivo in questione ossia Vergilius. Pertanto la rilevazione effettuata risulta non attendibile poiché effettuata con dispositivo non tarato e privo di certificato ( si ricorda che per essere conformi alla legge, tali apparecchi quali Tutor e Vergilius, devono possedere la taratura dei centri accreditati SIT, gli unici a garantire la corretta idoneità dello strumento);
-      -   nell’ applicazione del criterio di tolleranza previsto dal C.d.S. nel cui verbale è del 5% (quest’ultimo criterio va applicato esclusivamente per la velocità effettuata su sistemi di rilevazione istantanea. Per la velocità media, invece, si applica il criterio di tolleranza progressivo del 5%, 10%, 15%) ma tale riduzione risulta illegittima essendo il Tutor Vergilius uno strumento di rilevazione della velocità sia media che istantanea e nel verbale in questione, tuttavia, viene contestata soltanto quella media.
-       -  di illegittimità per la presenza nella tratta in questione, di svincoli autostradali che determinano disparità di trattamento tra gli automobilisti
-       - di mancata segnaletica di preavviso riguardante il tratto di strada provvisto dello strumento rilevatore e conseguente mancata documentazione di accertamento;
-       - della mancata indicazione del luogo esatto di violazione, il quale, per legge va indicato il punto esatto da cui ha avuto inizio e fine la presunta infrazione. Nel verbale in questione, è menzionato solo quello di termine.
-      -  di omissione del numero di matricola, in mancanza del quale difatti, risulta impossibile individuare l’apparecchio utilizzato e la sua relativa funzionalità.
Per tutti i motivi sopracitati, il Giudice di Pace di Nocera Inferiore,ha accolto il ricorso ed annullato il provvedimento condannando la Prefettura di Salerno al rimborso spese,  sottolineando l’importanza dell’accertamento delle verifiche di funzionalità e relativi controlli delle apparecchiature di misurazione.