Prima delle modifiche
introdotte a partire dal 2005, le attività di riscossione per conto dello Stato,
erano delegate a circa una quarantina di aziende di proprietà di istituti
bancari e recupero crediti. Dall’ottobre 2006, suddetta riscossione nazionale,
ad accezione della Sicilia, viene esercitata da Equitalia (in precedenza
Riscossione Spa), società pubblica le cui azioni sono di proprietà di enti
statali (l’Agenzia delle Entrate per il 51% e l’INPS per il 49%).
Concretamente, esercita la sua azione inviando cartelle di pagamento ai
contribuenti che non hanno versato gli importi dovuti entro i limiti delle
scadenze stabilite, aggiungendo interessi e sanzioni.
Con la notifica della cartella,
al contribuente è concessa la facoltà di proporre ricorso entro 60 giorni;
spirato detto termine, la cartella esattoriale diventa titolo esecutivo prestandosi
alla c.d. riscossione forzata, nelle varie forme stabilite dalla legge, ovvero
con l’ipoteca dei beni immobili, il fermo amministrativo (blocco
dell’autovettura) e in alcuni casi, anche tramite il pignoramento di immobili e
stipendi.
Il caso recentemente affrontato
dall’avvocato Marzio Postiglione contro Equitalia Servizi di Riscossione
S.p.a., riguardava un preavviso di fermo amministrativo relativo ad un veicolo
non specificato e per la riscossione di un asserito credito pari ad € 188.763,29, portato dalla
società resistente Equitalia.
Invero, il sig. Casciello Armando aveva presentato ricorso a
ministero dell’avv. Marzio Postiglione, per vedere accertata la prescrizione dei
crediti vantanti e indicati nell’avviso di avvenuta notifica del preavviso di
fermo e veder dichiarata l’illegittimità o l’inefficacia della procedura di
apposizione di fermo amministrativo per mancata notifica delle cartelle
esattoriali presupposte e prodromiche, nonchè per carenza di potere dell’agente
per la riscossione, con annullamento dell’atto di preavviso di fermo.
Il ricorrente, infatti, aveva proposto opposizione alla
cartella esattoriale con cui era stato comunicato il fermo amministrativo
n.2011/4520, asseritamente notificato il 17.05.2011 con consegna effettuata nelle
mani di un soggetto diverso dal ricorrente;
la resistente oltre a non aver dimostrato nell’ambito del
giudizio di opposizione la avvenuta notifica del preavviso di fermo, ha omesso
anche di dare la prova dell’avvenuta notifica di tre delle cartelle impugnate,
riconducibili a crediti previdenziali soggiacenti alla prescrizione
quinquennale; tali crediti risultavano quindi prescritti, in assenza della
prova dell’avvenuta notifica.
Sul punto, vale la pena di richiamare la recente pronuncia
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui la scadenza del
termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di
pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n.46 del 1999, pur
determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce
soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo
senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve
in quello ordinario, ai sensi dell’art. 2953 c.c., che si applica soltanto
nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo,
mentre la cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva
dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass. civ. Sez. Unite,
17-11-2016, n. 23397).
Dette motivazioni hanno indotto il Tribunale adito, in
persona del Giudice Istruttore ad accogliere la domanda proposta dall’ avv.
Marzio Postiglione dichiarando la nullità della notifica degli atti prodromici
e la consequenziale invalidazione dell’atto opposto con conseguente statuizione
della prescrizione del credito per € 188.763,29 così come portato dalle
cartelle esattoriali impugnate, con inevitabile condanna alle spese ed agli
onorari del giudizio.